Ultimo aggiornamento:  31 Ottobre 2019 6:56

Tre generazioni specializzate

Dal biomedicale alla movimentazione, dall’edilizia alla diffusione audio, sono vari i settori per cui opera l’azienda modenese da oltre cinquantanni.

Ad un passo dai primi 60 anni dalla fondazione, Malagoli Aldebrando Srl fa il punto sul suo sviluppo, mentre in azienda è entrata già la terza generazione. Enrico Malagoli, figlio del fondatore Aldebrando, fratello di Gabriele e zio di Andrea, ci introduce nella conoscenza di questo “gioiellino” della meccanica modenese specializzato nella lavorazione lamiere.
“L’azienda nasce nel 1961 come stampista, noi della seconda generazione siamo entrati all’inizio degli anni Ottanta e abbiamo cominciato a diversificare la produzione. Facevamo la progettazione e la realizzazione degli stampi e li vendevamo a industrie primarie modenesi. Poi utilizzavamo gli stampi per vendere il prodotto finito, cioè i pezzi già realizzati e non più solo lo stampo”. Con l’inizio degli anni Novanta si avvia l’utilizzo della tecnologia laser, che consente di risparmiare molto sulla lavorazione della lamiera.
“Prima che negli stampi l’evoluzione delle macchine utensili – ci spiega il contitolare – era avvenuta principalmente nel comparto dell’asportazione del truciolo. Poi, anche nella nostra nicchia è entrata la robotica con l’ingresso delle macchine a controllo numerico”.
Come avete fatto poi a resistere alla concorrenza dei Paesi emergenti, che è diventata sempre più pericolosa?
Man mano io e mio fratello Gabriele abbiamo deciso di concentrarci sui piccoli e medi lotti di qualità per evitare la concorrenza di Cina, dell’Est Europa e della Turchia.
Oggi su che fascia di mercato vi siete collocati? 
Siamo molto forti sulle preserie, sui prototipi e sulle produzioni fino a 200 pezzi. Certo nel corso degli anni abbiamo ampliato molto la fascia clienti, avendo puntato le nostre carte su una nicchia precisa e quindi siamo passati gradualmente dai 200 clienti iniziali agli 800 attuali.
Che quota di export  avete?
“L’export diretto è intorno al 10-12 %. Ma buona parte della nostra produzione finisce all’estero tramite passaggi successivi. Infatti ci sono clienti come la Hyster Yale, con casa madre nordamericana, che commercializza carrelli per logistica, che, tramite i nostri rapporti con la sede di Milano, esporta poi verso le diverse società del Gruppo Nacco” (il Gruppo è un colosso che spazia delle miniere di carbone  fino alla movimentazione e logistica,ndr).
Come sbocchi commerciali dove vi dirigete?
Principalmente destiniamo la nostra produzione a settori come la movimentazione, il biomedicale, l’ automotive, le macchine per la ceramica e la diffusione audio . Siamo fiduciosi nella ripresa del mondo legato all’edilizia, che ha segnato una forte battuta d’arrest,o nel meccano ceramico nell’ultimo anno dopo l’effetto iniziale di spinta del programma governativo Industria 4.0. Ci compensiamo con l’andamento di altri settori, come la crescita registrata nella diffusione audio, dove sono richiesti materiali sempre di qualità, come gli altoparlanti usati per le casse audio, soprattutto per grandi eventi o manifestazioni all’aperto.
Sul piano organizzativo  e della manodopera come siete impostati?
La nostra è una azienda, che si regge solo sull’ apporto di manodopera specializzata. Altrimenti in un mondo così competitivo non avremmo spazio per guardare avanti. Siamo stati infatti tra i soci fondatori di Its Maker, l’Istituto Superiore Meccanica Meccatronica Motoristica e Packaging – nato dall’unione delle tre Fondazioni ITS di Bologna, Modena e Reggio Emilia nel settembre 2013, che è diventato il cuore del polo tecnologico dell’area meccanica e meccatronica della Regione Emilia Romagna e da cui assumiamo tutti gli anni neo diplomati. Riusciamo a tenerli in azienda, dove si specializzano, anche se talvolta sono richiesti da aziende primarie. Diciamo che ci sentiamo un po’ come il Modena Fc nei confronti della Juventus.
E proprio mio nipote Andrea, la terza generazione dei Malagoli, è entrato in azienda recentemente dopo un anno di formazione in Belgio e dopo la laurea in Ingegneria gestionale presso la nostra università di Modena e Reggio. È lui che si occupa come responsabile della produzione. Siamo solo in 18, ma le fasi produttive sono parecchie. Si parte in ufficio con lo studio di fattibilità e la progettazione, poi in stabilimento si procede con lo sviluppo con taglio laser, la piegatura, l’ imbottitura ed eventuale saldatura e infine i pezzi devono subire dei trattamenti superficiali, che appaltiamo a ditte subfornitrici.
Il fatturato è intorno ai 3 milioni e mezzo di euro. Nella bella e spaziosa sede dei Torrazzi, in via Raimondo Dalla Costa 140, su 5.000 mq di stabilimento, 3.500 sono dedicati alle fasi di produzione.È la terza sede di MALAGOLI Aldebrando dalla sua fondazione nel 1961: “Siamo partiti da Modena Est, stile casa e bottega, e siamo rimasti lì fino al 1990, poi ci siamo trasferiti nella zona industriale di Modena Nord e qui siamo arrivati dal 2008”.
I due fratelli si guardano indietro e osservano “Non abbiamo mai goduto di agevolazioni molto vantaggiose. Sull’Industria 4.0 abbiamo fatto un investimento in tecnologia laser in fibra con magazzino automatico per la alimentazione delle lamiere, ma ci siamo limitati ad utilizzare il Super ammortamento. L’Iperammortamento aveva una complessità legata alla interconnessione in rete telematica e ci sembrava poco prudente mettersi su quella strada”.
Il presente non è esaltante sul piano generale “A livello internazionale nell’ultimo anno c’è stato un rallentamento, anche dovuto alla variazione della normativa sia per il packaging industriale che per la evoluzione dei motori Diesel e alla crescita dei motori elettrici” notano i due imprenditori.
“D’altra parte sono quasi 60 anni che rimaniamo ottimisti. Abbiamo avuto passione a volte ci sembra di aver dato molto e purtroppo in Italia abbiamo sempre mille vincoli, come la tassazione, che ci limitano tanto nel desiderio di crescere.
Siamo quasi una mosca bianca, una azienda con una lunga storia, come la nostra, rimasta famigliare, è una rarità. Basti guardare all’ evoluzione delle imprese modenesi: a partire da Fini e Panini pochissime sono quelle rimaste in mano alle famiglie dei fondatori. Noi andiamo avanti con molta prudenza, non abbiamo mai fatto il passo più lungo della gamba”.

Giorgio Pagliani