Ultimo aggiornamento:  19 Marzo 2020 5:59

Brevi storie dell’abbigliamento

Inizia con questo numero di Modena Industria una serie di brevi storie dell’abbigliamento modenese. 
Modena negli anni ‘80 avrebbe potuto essere capitale europea dell’abbigliamento.

La moda ha da sempre trovato la sua casa nella provincia di Modena e non solo a Carpi, una volta, in anni non troppo lontani, una delle capitali  della maglieria  europea, ma anche nel capoluogo.

Se le attrazioni di Modena negli anni Settanta e Ottanta erano la Panini e Fini, dal ristorante in Rua Frati alle due pregiate salumerie in Corso Canalchiaro e in via Emilia di fronte a San Biagio, non mancavano tante aziende di abbigliamento in tessuto e in pelle all’ ombra della Ghirlandina.  

Quella che ha fatto più strada e che poi è passata alla corte di Giorgio Armani più recentemente sotto il nome di GA Operations è stata sicuramente la Sim, nata a Sassuolo per iniziativa di un ramo della famiglia Ricchetti, poi trasferita a Baggiovara nell’attuale sede e divenuta Simint. Livio Grassi, manager di origine triestina, la fece decollare e quotare in Borsa a Londra alla fine degli anni Ottanta. E proprio allora nasce e scoppia in breve tempo un progetto, che avrebbe potuto cambiare le sorti del tessile modenese.  

Grassi si vede con Umberto Severi, l’imprenditore che in America avevano denominato il Typhoon per la quantità di merce, che riusciva ad esportare  oltre Atlantico. Severi, che è stato uno dei pochissimi veri industriali di Carpi,  decide di conferire la licenza europea della LEE, marchio leader nel jeans, che gestiva ormai da parecchi anni, ad una nuova società, la I.S.M., costituita al 50% con la stessa Simint. Ma nel giro di poche settimane i rapporti tra Grassi e la proprietà di Simint, la famiglia Ricchetti, si interrompono bruscamente, si dice, per un tentativo di scalata da parte del manager. In un empito di rabbia Severi decide di mandare a monte un disegno di portata europea, rompendo con i Ricchetti e avviando la Società verso la liquidazione.

Tra le aziende che Severi aveva sotto controllo a inizio anni Ottanta va ricordata anche  la Sevres, con la cui insegna in via Farini ha lavorato a lungo un negozio molto noto. 

Un altro protagonista dell’ultimo decennio del Novecento in terra modenese è stato senz’altro Giacomo Bizzini, socio prima con il fratello e poi con la moglie Mirella dell’allora Maglificio di Vignola. Nei primi anni ’80, inizia la collaborazione con Gianfranco Ferré, sotto forma di licenza mondiale per la produzione e la distribuzione di maglieria e sportswear uomo e donna. Dal 1996 la denominazione dell’impresa diventa Gruppo Nadini. Con il marchio Nadini e con altre licenze, tra cui Fendi, il fatturato tocca i 70 milioni di euro. L’azienda arriva ad occupare 230 dipendenti e si trasferisce nello splendido capannone, lasciato libero a Campogalliano dalla Bugatti. Ma anche stavolta la sede lungo l’ autostrada del Brennero non è foriera di successi e in pochi anni si giunge al fallimento. 

Oggi soltanto la Brama Sportswear della famiglia Braglia, con sede nella zona industriale dei Torrazzi, specializzata nella distribuzione di sportswear, può affiancare la corazzata di “Gorgeous George” – definizione americana del proprietario della ex-Simint – nel panorama degli Who’s Who del Fashion modenese. Senza dimenticare là, nel profondo della Bassa, a Ravarino, la CP Company di Carlo Rivetti, di stirpe biellese, ma che macina fatturati record con una ricerca esasperata sui materiali innovativi. 

continua nel prossimo numero.

Giorgio Pagliani