Ultimo aggiornamento:  18 Aprile 2020 12:24

Imprese estere ne approfitteranno

In tempo di emergenza Corona Virus, Confindustria Emilia ha organizzato la prima conferenza stampa in video conferenza: dal suo ufficio in azienda a Limidi il Presidente Valter Caiumi è collegato con la sede di Bologna, dove si trova la direttrice Tiziana Ferrari.

Ad oltre un mese dal primo Decreto del Presidente Conte, Valter Caiumi fa il punto della situazione, annunciando che l’indagine svolta su oltre 800 associati, pari al 25% del totale e a 18 miliardi di fatturato, a fine marzo verrà impostata come un vero e proprio Osservatorio mensile di Confindustria Emilia sullo sviluppo dell’emergenza.
La prima parte dell’analisi di Caiumi verte sugli effetti a livello economico delle misure adottate. Il 70% delle imprese ha registrato un decremento del portafoglio ordini e sul fronte degli incassi il 64% segnala un peggioramento, con una prevalenza di richiesta di prolungamento dei pagamenti tra i 30 e i 60 giorni.
Come previsione sull’annata quasi il 95% si aspetta una riduzione del fatturato. mentre il 66% prevede ritardi negli approvvigionamenti di almeno 30 giorni.
A fine marzo il 42% del campione aveva già richiesto moratorie alle banche con risposte positive per metà dei casi e assenza di riscontri per l’altra metà.
Infine il 69% delle imprese aveva già attivato una richiesta di Cassa integrazione Covid in deroga con un dato dell’84% delle grandi aziende.
Sul piano dell’impatto sulle persone, su un totale di 52.000 occupati del campione, 151 imprese hanno denunciato casi sospetti per un totale di 538 periodi di quarantena avviati. Il tasso di morbilità cioè di dipendenti, che si sono ammalati del Virus, è stato del 2,3 per mille. 
Sul piano della sicurezza la quasi totalità ha adottato il protocollo del Decreto Presidenza Consiglio del 14 marzo.
L’86% fa pulizie giornaliere e l’88% usa le mascherine e gli strumenti di protezione dei lavoratori. ”Quasi tutte le mascherine vengono importate – fa notare Caiumi – e l’azienda può riceverle solo se ha un codice Ateco autorizzato.
Nel mese di marzo erano presenti in azienda intorno al 50% del personale, dopo la pubblicazione del noto Dpcm la media è scesa al 39% a dimostrazione del rispetto della nuova normativa.
Pochissime imprese – aggiunge – hanno dichiarato di essere in forza al 100%.
Molto interessante il dato delle aziende in smart working, che sono circa il 35% delle aziende campionate e hanno messo più del 70% dei lavoratori a lavorare in rete da casa.
Il Presidente fa notare inoltre che vengono usati negli stabilimenti spazi molto superiori al metro di distanza e che molte aziende avevano attivato lo smart working molto prima del Dpcm.
A seguito della messa in C.I.G. in deroga da 52.000 lavoratori operativi si è scesi ad appena circa 5.000 dipendenti in tutto, dopo il Dpcm.
“La riduzione attesa del fatturato annuo – ha precisato – dovrebbe oscillare tra i 14 ai 18 miliardi di euro sul totale associati”.
Il mantra di Caiumi, a questo punto, è “Ripresa auspicabile, ma solo se possibile.
Noi volevamo chiudere il minor numero possibile di imprese – ammette l’industriale carpigiano – ma è andata così, ma più le settimane passano e peggio è. Dobbiamo cercare una apertura progressiva. Il fermento, sempre più palpabile, ci potrebbe portare a partire in modo più impulsivo.
Non farei distinzione tra codici Ateco. è bene aprire un po’ alla volta, anche perché la domanda nel frattempo è crollata”.
Caiumi non dimentica però la situazione particolare del sistema MODA “I negozi  sono bloccati e non c’è un solo codice Ateco, che consenta a queste imprese di ripartire dopo aver perso settimane decisive”.
Sospira il leader degli imprenditori emiliani “Abbiamo preso la decisione discutibile di chiudere e poi non ci decidiamo a riaprire. Pensate che una delle mie imprese ha sede in Germania, ma con filiera produttiva in Italia e dovrà decidere presto se spostare la fornitura fuori dall’Italia, se non si arriva a uno sblocco degli stabilimenti dei fornitori.
Ci aspettiamo decisioni a breve anche a livello regionale, anche di carattere molto moderato. Le imprese estere ne stanno approfittando. Siamo partiti bene all’inizio dell’emergenza. In Emilia sono state prese decisioni chiare e preventive, a parte i trasporti pubblici, che andavano chiusi probabilmente.
Oggi però il problema è la Lombardia – conclude – Non ha senso che le Regioni vadano in ordine sparso, anche se l’ Emilia è pronta per fare delle scelte”.

G. P.