Ultimo aggiornamento:  19 Marzo 2020 5:46

Originali e fatte a mano, le Cargo Bike

Azienda giovane e creativa sorta con la nascita di un figlio, produce due ruote destinate al trasporto di merci e non. Molte le richieste dal nord Europa.

I figli quando arrivano cambiano la vita. Mentre li si attende, capita anche di avere idee per vivere al meglio con loro senza rinunciare a qualche passione. Idee che a volta trovano forma in prodotti originali. Come è avvenuto per Officine Recycle, piccola azienda di Soliera che realizza cargobike : biciclette da trasporto per bimbi, merci, o semplicemente per uso lavorativo. “Interamente fatte a mano e persona-lizzabili”, tiene a sottolineare Marco Casalgrandi che aveva necessità di una due ruote “comoda”, per portare a spasso la sua bimba senza rinunciare alla passione per la bici ed al tempo stesso creare qualcosa di utile.

Cargo bike, questa sì che è una bella scoperta. Da dove e come nasce? Qual è stato l’input? “Le cargo bike sono un mezzo ormai dimenticato. Anche se fino a metà del secolo scorso venivano usate quotidianamente. Però a differenza nostra, nel nord Europa non si sono scordati di questo velocipede, il cui utilizzo è in incremento ed in alternativa all’automobile. L’input che mi ha permesso di sviluppare questa idea è stato scoprire che a breve sarei diventato padre di una bimba. Quindi, avendo sviluppato da diversi anni la passione per la bicicletta, volevo assolutamente continuare a pedalare, ma con mia figlia! E, dopo 15 anni come progettista meccanico nel settore automotive avevo finalmente trovato qualcosa di stimolante da progettare e realizzare! Da quel momento insieme ad Eros Ferrari, Giulio Casini ed Erik Zombini miei soci in questa avventura siamo partiti”.

Si può dire che avete unito la passione alla sostenibilità? “Esattamente, e lo sottolineo pure: tutti e tre condividiamo la passione per le due ruote a 360° dall’uso quotidiano ai lunghi viaggi e crediamo che la cargo bike sia un’eccellente soluzione se non addirittura la soluzione per gli spostamenti urbani”.

Che eventuali necessità di mercato c’erano – se c’erano – di un prodotto simile? E come il mercato lo ha accettato? “Anzitutto è stata fatta un’analisi che ci ha permesso di scoprire che sul mercato erano già presenti diverse case costruttrici di cargo bike. Tutte mono taglia e a colori standard. Di conseguenza la possibilità di sbizzarrirci, o meglio per non essere frainteso, la possibilità di realizzare prodotti unici, su misura e completamente customizzabili. Possiamo gestire internamente la progettazione e realizzazione della cargo bike con allestimenti speciali che nascono dallo studio e dalla creatività. E tranne per le piegatura dei tubi che viene fatta con macchine CNC il resto è tutto fatto manualmente.

Rispetto al mercato invece, beh, la risposta è stata positiva e ci ha sorpreso. Il fatto che siano interamente realizzate a mano, in Italia e che c’è la possibilità di personalizzarle offre un tipo di valore aggiunto che per certi aspetti consente di fare la differenza. Il made in Italy è, pure in questo particolare ambito, un ottimo biglietto da visita, anche se sta diventando davvero difficile trovare fornitori all’altezza, visto l’aumento delle produzioni extra-EU. È brutto da dire, ma la cultura artigianale italiana che abbraccia anche queste produzioni pare via via affievolirsi.

Qual è l’utilizzo delle biciclette Recycle? O meglio, chi è il vostro acquirente tipo e che cosa cerca nei vostri prodotti? “Non scherzo quando dico che vengono utilizzanti nei modi più svariati. Dal trasporto dei bambini, alla consegna pacchi, dalle attività commerciali, fino ai lunghi viaggi, etc. sono talmente versatili che si prestano ad un uso flessibile. È già capitato ad esempio e più volte, di clienti che si sono privati dell’auto per acquistare una delle nostre biciclette. E questo solo per far capire quanto possa rappresenta un valido sostituto. È solo questione di cultura e infrastrutture. Il nostro cliente è un tipo di acquirente che si rivolge a noi direttamente. Si tratta spesso di ciclisti a cui nasce un figlio e vogliono pedalare “comodi” e sportivi con lui. Ma anche aziende. Recentemente una lavanderia di Genova ha trovato nella nostra cargobike un mezzo di trasporto più che idoneo per muoversi nel centro della città ligure”.

Quanti e quali sono i vostri prodotti di riferimento?

“Per ora tre. Si chiamano Bronte ma con differenti dimensioni di carico. 

È una “long john” a due ruote 28″/20″ che permette di pedalare a velocità sostenute come se fosse una bici tradizionale. Ovviamente abbiamo sviluppato per ovvie ragioni anche la versione con pedalata assistita.

Stiamo tuttavia sperimentando anche i primi telai da mtb/adventure”.

Torniamo un momento al mercato: solo locale e nazionale o qualcosa va già anche all’estero? Riuscite ad evadere le richieste?  “Al momento riusciamo a realizzare circa 70 bici/anno, ma stiamo ottimizzando il processo produttivo per poter soddisfare un numero sempre più crescente di richieste. Il nostro mercato di riferimento è principalmente quello estero per almeno l’85% delle vendite. Si tratta in particolare di Paesi del nord Europa, quali Germania, Francia, Belgio, Svezia. Contiamo su alcuni rivenditori a Parigi, Berlino, Bruxelles mentre stiamo ricevendo nuove richieste, sempre dal nord Europa. Qualche bici è stata acquistata anche oltre oceano. C’è un ragazzo in Costarica ad esempio che gira con una nostra bici facendo caffè per la città! Il restante 15% resta sul mercato italiano. Non sarebbe male che in Italia venissero potenziate le infrastrutture viarie destinate alle due ruote in modo da diminuire l’utilizzo dell’auto ed invogliarli all’uso della bicicletta.” 

Ma… che genere di problemi incontrate, se li incontrate ovviamente in un’attività di questo genere? “Come già anticipato le difficoltà maggiori le abbiamo nel reperire la materia prima e quindi fornitori affidabili a cui stanno a cuore i particolari. Nel territorio modenese regna l’industria meccanica, purtroppo non più legata però al mondo della bici artigianale, dove la cura dei dettagli è fondamentale. Noi ci impegniamo in questo con i nostri prodotti e dopo quattro anni di produzione abbiamo filtrato un po’ di fornitori. Ci penalizza forse il fatto di non fare ordini di grosse quantità e per questo non sempre siamo considerati. Ma c’è anche chi si affeziona al progetto, diventando parte stessa del progetto con i suoi componenti esaudendo così le nostre richieste. Con ricaduta in termini di valore aggiunto per entrambi. Ovviamente la cosa che ci dispiace maggiormente è la percentuale di vendite in Italia, ma purtroppo senza infrastrutture non ci può essere una crescita nella mobilità ciclistica”.