Ultimo aggiornamento:  14 Agosto 2023 11:05

Bene, nonostante tutto

Il settore registra numeri positivi, nonostante le tante criticità elencate dal presidente Savorani. Cersaie già sold out.

Settore piastrelle in ceramica altalenante tra un 2022 partito brillante e un 2023 avviato con il freno tirato.

Giovanni Savorani, primo presidente romagnolo di Confindustria Ceramica, si mantiene sereno, ma sull’ alluvione in Romagna non modera le parole.

“È caduta una quantità d’acqua sproporzionata che non si poteva reggere, ringrazio la Protezione civile e anche i pompieri e i volontari, ma non sopporto che oggi venga strumentalizzata politicamente l’alluvione”.

Diversi provvedimenti d’urgenza sono mal fatti come la Cassa integrazione speciale. “Il 17 maggio abbiamo dovuto spegnere gli impianti perché non c’era abbastanza gente in fabbrica per ovvi motivi ed ora in giugno il personale prenderà meno di stipendio, perché l’INPS non è in grado di erogare la CIG”. Resta solo la possibilità di interventi personali nel frattempo.

Sulla gestione della fase commissariale è sconcertato e invita un certo Ministro, che ha detto che alla Romagna ci vorranno 9-10 anni per risollevarsi a non farsi vedere in giro per la sua incolumità personale. “Altro che 9-10 anni! A noi per ripartire ci vorranno 9-10 mesi!”

Ma veniamo all’ andamento della ceramica vera e propria

Il 2022 si è chiuso con le vendite in valore di piastrelle a 7,2 miliardi di euro (+16,5% sul 2021) e in volume a 449 milioni di metri quadrati (-1,4%) . L’ export si aggira sui 6 miliardi (+14,8%) pari all’ 83% del fatturato totale, mentre il mercato italiano lo scorso anno si era mantenuto vivace grazie agli effetti perduranti allora del beneficio del 110%.

Come anticipato, le vendite nei primi mesi del 2023 sono invece in calo.

Gli investimenti lo scorso anno hanno mostrato ancora un forte dinamismo, arrivando a 441,3 milioni di euro, in crescita del 25,6% sul 2021, e con una quota sul fatturato del 6,1%.

“Nel primo trimestre 2023 la flessione delle esportazioni in volume è nell’ordine del 25% ed interessa tutti i mercati. Un calo che riguarda anche l’Italia, anche se con cifre inferiori al 10%. In contrazione anche i fatturati esteri nell’ordine del 13%, mentre quello italiano registra un segno positivo di alcuni punti percentuali – spiega Savorani – Senza dubbio, dopo lo straordinario exploit dei primi sei mesi del 2022, un ritorno su valori più bassi poteva essere prevedibile, anche se il calo trova una sua spiegazione soprattutto nel profondo cambiamento dello scenario, caratterizzato da tassi di interesse cresciuti repentinamente, una fortissima resilienza dell’alta inflazione, l’esaurimento della fiammata dei consumi post lockdown, il peggioramento del clima di fiducia dei consumatori. In questo contesto la competizione internazionale si fa ancor più accesa ed altissima è l’attenzione dell’industria italiana ed europea affinchè tutti gli esportatori, tra cui quelli di India e Cina, applichino le regole del Fair Trade”.

Sul tema energetico il Presidente non si accontenta della flessione dei prezzi dell’energia termica ed elettrica, che sono pur sempre su livelli doppi rispetto ai valori dl 2019. “Rimangono aperti tutti i problemi strutturali, quali l’assenza dei decreti attuativi finalizzati ad aumentare di 2 miliardi di metri cubi l’estrazione di gas nazionale, da destinare ai settori gasivori, e una riforma degli ETS destinata ad aggravare ulteriormente le penalizzazioni competitive per l’industria UE. Lo strumento ETS, nato con il condivisibile obiettivo di decarbonizzazione, si è dimostrato inefficace e controproducente in termini di miglioramento ambientale, determinando altresì un effetto recessivo sull’industria – le quotazioni attuali della CO2 oscillano sugli 85 euro per tonnellata, quando a giugno 2019 erano 25 euro. Anche il piano ‘Fit for 55′, finalizzato alla riduzione strutturale delle emissioni, determina effetti negativi sulla competitività del nostro settore poiché le nostre fabbriche hanno già realizzato tutti gli efficientamenti possibili e le soluzioni tecnologiche alternative oggi non appaiono percorribili”. Sul gas metano Savorani aggiunge che nel 2022, dopo tanto parlare, la produzione nazionale è calata di oltre il 4% e che comunque la sostituzione del metano oggi non è percorribile. Le alternative sono antieconomiche: non ha senso utilizzare energia elettrica per utilizzare l’idrogeno e resta difficile la cattura della Co2, tanto sollecitata dall’ Unione Europea.

Sulle infrastrutture poche luci e molte ombre.  Savorani si sforza di riconoscere gli interventi sulla linea ferroviaria Modena Sassuolo finalizzati ad eliminare il passaggio a livello sulla Pedemontana, il progetto di fattibilità per il terzo ponte sul Fiume Secchia, destinato a meglio fluidificare il traffico a corto raggio, come anche agli investimenti per aumentare il pescaggio e dotare il Porto di Ravenna di due stazioni ferroviarie direttamente sulla banchina. Sul fronte opposto nota che la mitica Bretella

 Campogalliano Sassuolo non è mai partita, e di conseguenza anche il raddoppio della Pedemontana nel tratto ad una corsia a Sassuolo è in attesa, come langue il raccordo ferroviario tra lo scalo merci di Marzaglia e quello di Dinazzano e la tangenziale di Rubiera.

Ma anche i concorrenti esteri non vivono periodi brillanti. La situazione spagnola – illustra – è un po’ peggiore della nostra, anche se hanno attivato cave di argilla alternative a 100 chilometri da Castellon. In Turchia hanno grosse difficoltà di mercato interno.

Il direttore Armando Cafiero cerca di trovare qualche segnale incoraggiante dopo questo quadro desolante, caratterizzato da una Commissione Europea in preda a furori ideologici di tipo ambientalistico e un governo nazionale non propriamente propositivo. “I crediti di imposta sull’energia hanno funzionato meglio in Italia che in Spagna o altrove. Purtroppo sono prossimi a scadere e i problemi strutturali restano” aggiunge.

Insomma viene da considerare che il settore va avanti da solo e a Savorani sfugge un commento “Abbiamo avuto governi di altissima qualità, che ci siamo preoccupati di abbattere”.

Ma lo spirito nazionale non consente di cadere nel pessimismo, come è dovere di ogni imprenditore. “Dobbiamo difendere – soggiunge – il nostro Made in Italy. E anche nelle fiere americane a parità di prodotto possiamo chiedere 3 dollari in più ai nostri clienti, un valore che i nostri competitors ci invidiano”.

Si chiude in bellezza con il 100% di spazi esauriti al Cersaie di fine settembre e con la presenza certa del Ministro del Made in Italy Urso e la speranza anche dell’arrivo della premier Giorgia Meloni.

Giorgio Pagliani