Ultimo aggiornamento:  12 Maggio 2020 11:26

Dal Tricot alle Confezioni

Seconda parte. I protagonisti del t/abbigliamento modenese dagli inizi a oggi.

A vevamo lasciato il nostro racconto sul numero precedente con la citazione delle gesta della Sportswear Company, che, rilevata da Carlo Rivetti dopo la fase di lancio e di successo sotto la gestione del bolognese Massimo Osti, con il suo marchio storico Stone Island è diventata un brand di assoluto rilievo a livello mondiale. Un prodotto davvero innovativo il suo: basterà citare quanto realizzato verso la fine degli anni Novanta con l’inserimento di un filo d’acciaio nei suoi giubbotti e capospalla tecnici.

Ma non possiamo trascurare dopo l’excursus sul capoluogo e le sue “vedette” tra la Bassa e la Pedemontana certamente il ruolo di Carpi nella storia del Fashion locale. Quando si parlava di Carpi fino a pochi anni fa, si intendeva essenzialmente la maglieria. E sulla storia della nascita della maglieria a Carpi sono sempre esistite due scuole di pensiero, rappresentate da due capitani di industria di rango prestigioso: Renato Crotti e Umberto Severi.  Di quest’ultimo abbiamo narrato già i fasti e l’inizio della sua uscita di scena dopo aver sfiorato il suo ingresso in Borsa. Di Crotti va innanzitutto reso onore perché dalla sua Silan, la tintoria che era all’avanguardia in Italia negli anni Sessanta e primi anni Settanta, hanno appreso la capacità tecnica per fare il salto come imprenditori diversi carpigiani e anche un brillante fiorentino quel Roberto Viti, che poi decise di correre in proprio e ha fondato la tintoria Filte, che fa mira di sé a lato della parte iniziale dell’Autostrada del Brennero. Crotti dunque era un imprenditore, che si è battuto anche per affermare la sua concezione culturale e dell’economia senza remore e timori. Celebre la sua iniziativa di organizzare a proprie spese spedizioni in pullmann dei propri operai a inizio anni Sessanta per scoprire da vicino la realtà del comunismo o del “SOCIALISMO REALE”, come si usava dire ai tempi del Patto di Varsavia e del Comecon.

Bene, in età avanzata per entrambi, si sviluppò una diatriba tra i due sull’origine della maglieria nella città dei Pio. Severi, figlio di un’imprenditore produttore di cappelli di paglia, sosteneva che tutto partiva dalla storia della lavorazione del truciolo, che, grazie all’abilità manuale delle maestranze carpigiane, si era riconvertito nel dopoguerra nella lavorazione tessile della maglia, tesi da lui sostenuta anche in un cortometraggio diffuso dalla Regione dal titolo evocativo “Dalle paglie alle maglie”. Crotti, invece, riteneva che il distretto tessile carpigiano si era creato per forza autonoma e probabilmente la sua origine di industriale del finissaggio tessile era lontana e in qualche modo più basata sulla conoscenze tecniche legate alla nobilitazione del prodotto.

Carpi, dunque, partendo dall’epopea delle rettilinee a mano nei sottoscala di ogni casa di periferia e del lavoro a domicilio – su cui l’associazione degli imprenditori locali, l’A.I.A., e il direttore dell’epoca Alfio Fontanesi si batterono per difenderne le prerogative di autonomia contributiva – dopo il boom dell’export nella Germania Federale e la costruzione di una Autostrada, dove il cartello CARPI rappresenta l’ideale destinazione di ogni cliente tedesco, arriva gagliardamente fino a metà anni Ottanta. E qui il motore dell’economia del “TRICOT” comincia a perdere qualche colpo, ma ancora non batte in testa.

Le imprese più innovative si sono lanciate nel mercato del dettaglio specializzato domestico, dove le boutique spopolano nei centri storici delle nostre città. Il fattore decisivo è creare un proprio marchio, che si stacchi dalla produzione locale anonima e qui il concetto di marketing diventa centrale.  Si sente parlare per la prima volta di logotipo, le agenzie grafiche e pubblicitarie vivono la loro grande stagione e nasce anche il mondo delle sponsorizzazioni. I settori dei beni di consumo, dall’alimentare ai mobili, investono poderosamente in questa branca.

Sorge a metà degli anni Ottanta per iniziatica del Comune e della Provincia di Modena il Consorzio “Carpi Qualità”, a cui aderiscono una trentina di aziende, pronte a inserire il cartellino del Consorzio nei loro capi. Viene chiesto a Blumarine, la griffe per eccellenza dell’ep-oca, di aderire, ma la famiglia TarabiniMolinari spiega che non è interessata. Una delegazione del Consorzio partecipa come espositore alla più importante fiera tedesca a Dusseldorf, ma scopre con stupore che in Germania non sanno dove è Carpi, che viene confusa con Capri.

Ma un fenomeno epocale sta per sbocciare proprio qui, è il pronto moda e da lì arriverà una nuova generazione di imprenditori, compreso un giovane partito da una famiglia umile. Ha un nome che non ci dimenticheremo: si chiama Marco Marchi.

continua nel prossimo numero.

Giorgio Pagliani