Ultimo aggiornamento:  22 Gennaio 2021 2:05

L’ultima generazione

Dopo i pronto moda il distretto carpigiano punta sui prodotti griffati. Emerge così una nuova generazione di imprenditori e manager.

Gli ultimi 25 anni di storia del distretto tessile carpigiano prendono il via dall’ accordo di Marrakech, firmato il 1° aprile 1994 nella città marocchina. È un passaggio storico, che vede la fine del GATT, un sistema di accordo internazionale sui dazi doganali entrato in vigore nel 1948, che aveva portato ad una graduale riduzione delle tariffe. Con la fine del Gatt nasce all’inizio del 1995 l’OMC, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, e si arriva ad un progressivo smantellamento delle tariffe e delle sovvenzioni all’esportazione verso la liberalizzazione del commercio globale di beni industriali. Nel tessile entra in vigore l’Accordo Multifibre, che porterà alla cessazione totale dei dazi all’ import nel 2004.

Anche a Carpi il 1995 è un anno di passaggi storici. L’Associazione Imprese Abbigliamento, costituita nel 1960 come associazione autonoma dalle organizzazioni nazionali, cessa e si fonde per incorporazione nell’Associazione Industriali della Provincia di Modena. Lo sbocco certifica la fine di un percorso ben diverso rispetto a quello della vicina Assopiastrelle, che grazie allo sviluppo poderoso del settore ceramico nel polo sassolese e alle fortune della fiera Cersaie, era divenuta poi associazione nazionale di categoria con il nome di Confindustria Ceramica.

Nella città dei Pio, ben prima di Marrakech, ci sono imprese importanti specializzate nell’importazione di capi finiti di abbigliamento, in particolare dalla Cina e dal Bangladesh, ma la riduzione dei dazi si accompagna ad un altro fenomeno storico. Il Muro di Berlino è caduto nel novembre 1989 e la cortina di ferro verso l’Europa dell’Est è crollata. Romano Prodi, professore a Bologna e non ancora candidato premier, viene a parlare al Citer, il Centro per l’infor-mazione tessile, e racconta che con Nomisma, il centro studi da lui fondato, ha seguito come consulente la creazione  di un centro produttivo della Marzotto in Cecoslovacchia. “Guardate che Praga è più vicina all’ Emilia di Bari” spiega e gli imprenditori locali non stanno a guardare, tanto che creano un polo produttivo di maglieria a Kosice in Slovacchia con l’appoggio del dottor Silvano Manfredini dello Studio Azeta di Modena.

A Carpi quindi non manca il fermento, ma i più capaci e i più avveduti si rendono conto che sta cambiando la scena e che per restare sul palco bisogna evolversi. Il pronto moda non basta più. Il livello di molta merce di importazione sta salendo di qualità e anche i grandi gruppi, come Max Mara, si sono organizzati per far produrre massicciamente in Europa dell’Est. La generazione degli imprenditori degli anni ruggenti del boom economico si guarda intorno e si accorge spesso che il ricambio generazionale non è adeguato alle difficoltà crescenti del periodo. Molti cercano di chiudere senza scossoni.

Il ricambio dei leader avviene nel giro di pochi anni. A Carpi non siamo come a Biella, dove ci sono imprese con secoli alle spalle e dove, per citare un nome, Zegna con i suoi rami parentali è una stirpe di industriali, che si rinnova ad ogni generazione e che, fra l’altro, ha acquisito il controllo del Gruppo Dondi di Fossoli. E a proposito di biellesi, da lì viene la famiglia di Carlo Rivetti, che a Ravarino giusto in epoca pre Marrakech aveva rilevato le quote di Massimo Osti in Sportswear Company con stabilimento a Ravarino e ora ha combinato un accordo storico con Moncler per creare un nuovo polo del lusso. Ma, tornando a Carpi, ora, alla fine del 2020, il campo di gioco è in mano ad alcuni “enfants du pays” e a una società controllata da un Fondo di investimento e da un manager milanese.

Cinque sono i cavalieri che dominano le mosse sulla scacchiera. Volendo dare una sigla che racchiude le 5 major carpigiane, potremmo coniare l’acronimo L-E-T-A-G-A , che sta per LiuJo Eccellenze Italiane, TwinSet , Abraham industries, Gaudi Trade e Antress industry. I 5 gruppi a valori 2019 assommavano ad un fatturato di circa 800 milioni.

Più nel dettaglio, Twin Set viaggiava costantemente da alcuni anni  su un fatturato tra i 230 e i 240 milioni prima dell’ inevitabile calo causa Covid del 2020, atteso tra il 30 e il 40%. La proprietà dell’azienda, fondata da Tiziano Sgarbi e dalla moglie Simona Barbieri, è totalmente in mano al fondo americano Carlyle e la gestione è saldamente governata da Alessandro Varisco, manager milanese, che si alterna fra la sede lungo l’AutoBrennero e gli uffici milanesi, che sovrintendono ad una rete di 62 boutique nel mondo. Il fondo ha avviato l’acquisizione nel 2012 fino a diventare socio unico. Alla fine del 2018 il gruppo cinese Fosun era stato sul punto di portarla sotto la sua galassia, ma l’operazione cadde dopo un’attenta “due diligence” e, secondo fonti de Il Sole 24ore di gennaio 2020, Carlyle ha assegnato fin da allora il compito alla grande banca americana  di trovare un compratore; una operazione  resa più difficile dalla pandemia che ha reso il 2020 annus horribilis.

Chi invece aveva appena portato a termine una importante acquisizione a inizio anno erano stati proprio gli ex titolari di Twinset Simona Barbieri e il marito Tiziano Sgarbi, che avevano portato nella loro scuderia il prestigioso marchio californiano di beachwear Sundek. La sede del gruppo Abraham è in realtà in terra romagnola, a S.Arcangelo, ma la holding  Mo.Da. Gioielli è basata nel comprensorio carpigiano.  Oltre ai suoi investimenti immobiliari nella zona in di Milano Porta Garibaldi – ha acquistato nel 2017 per quasi 30 milioni il palazzo di 3.000 metri quadri  di Corso Como 10 -Tiziano Sgarbi con i marchi Liviana Conti, Semicouture, Erika Cavallini e Circus Hotel dichiarava un bilancio consolidato di 52,6 milioni. Dopo è arrivato Sundek e poco dopo purtroppo la pandemia, ma sicuramente non ha intenzione di non far trottare nel 2021 un gruppo da 250 dipendenti.

Ci sono poi le storie parallele di Gaudi’ e di Antress, governate da imprenditori, noti anche nel mondo del calcio. Stefano Bonacini con il socio Marani è riuscito a portare da patron il Carpi FC in serie A, una impresa mai riuscita negli oltre 100 anni precedenti, mentre il presidente di Antress Maurizio Setti è stato comproprietario del Carpi prima di spiccare il volo e diventare prima vicepresidente del Bologna e quindi dal marzo 2013 proprietario unico oltre che presidente dell’ Hellas Verona. A fine 2019 Gaudì Trade Spa aveva ricavi di circa 68 milioni e dichiarava un fatturato consolidato sugli 80 milioni, mentre Antress Industry Spa chiudeva l’ esercizio con quasi 44 milioni. Entrambi i gruppi negli scorsi anni hanno investito massicciamente nella distribuzione e quindi il 2020 è stato per quasi tutti un anno di incassi calanti nella moda in attesa della ripartenza.

Infine dalla postazione più alta spicca Liujo di Marco Marchi, che aveva piazzato a novembre 2019 l’acquisizione con la sua holding Eccellenze Italiane di quanto era rimasto dei marchi della famiglia Tarabini-Molinari, in primis Blumarine, dopo essere entrato come socio nel gruppo della distribuzione Coin. LiuJo aveva toccato la soglia dei 400 milioni di fatturato e intravedeva a medio termine l’ ingresso in Borsa. Ora tutto è sospeso, ma nel 2021 non mancheranno novità da colui, che è stato definito l’Arnault di Carpi.

Giorgio Pagliani