Ultimo aggiornamento:  18 Aprile 2024 9:57

Vinitaly 2024. Quasi una medaglia a due facce per Modena e il Lambrusco, con una sorridente e l’altra no

Un Vinitaly tra luci e ombre, stando alle parole dei modenesi presenti. Le ombre per alcuni e le luci per altri. Col mercato che un po’ arranca da una parte e con gli affari che invece vanno bene dall’altra. Con l’andamento nazionale e internazionale che pesa anche sui consumi, ma che è pure foriero di attività e opportunità. Uno specchio dei tempi insomma con le certezze che si alternano alle incertezze e la grande ed influente incognita delle bizzarrie del clima

Al 56esimo salone internazionale di vino il lambrusco continua a dire la sua ma con modi e risvolti decisamente nuovi e diversi ed originali. In primo luogo la o meglio le location. Nel ‘classico’ padiglione dell’Emilia Romagna sono calati gli espositori/produttori nostrani. Ci sono sì, però in numero minore. Gli spazi sono molto più ampi rispetto al passato, al punto che, è stata allestita una grande sala (ribattezzata acquario perché tutta vetri) per incontri e degustazioni, e ‘novità 2024’ lo stand del Parmigiano Reggiano. Collocazione felice che fa territorio. Manca Chiarli, che ha trovato posto nel padiglione 8 così come Cantina 2020: medesimo luogo in cui sono raggruppati anche i viticoltori FIVI tra i quali diversi modenesi. Manca anche l’Enoteca Regionale… Altri produttori invece hanno ormai consolidato – e da anni – le loro posizioni in padiglioni diversi: pensiamo a Giacobazzi e Paltrinieri. Altri sono del tutto assenti, come Cantina Della Volta.

Veniamo alla fiera. Bicchiere a metà. Da una parte è mezzo vuoto. Ad incidere sono i costi, a partire da quello della presenza in fiera (e qualcuno sta già pensando se esserci il prossimo anno o meno) per finire con quelli complessivi di produzione con cui ci si trova a fare i conti al netto degli aumenti di quelli delle materie prime, dell’energia, del lavoro, della burocrazia e delle bizzarrie del clima e delle malattie sempre più influenti in vigna: la qualità resta alta ma cala la produzione. In tema poi, il prezzo dell’uva al quintale per i conferitori, fermo a 25 euro (…e questa è una voce salita a più riprese e rimarcata più volte). Quindi mercati, in altalena ormai da tempo (e condizionati da lieve calo dei consumi e dalle crisi internazionali) a volte con flessioni anche marcate. Da ultimo ma non meno importante il Vinitaly che “…abbiamo visto e con piacere i soliti clienti e importatori. Ma da una manifestazione internazionale come questa ci si aspetta di più.”

Dall’altra parte invece il bicchiere è mezzo pieno, specie tra i piccoli (dislocati fuori dal padiglione dell’Emilia Romagna) e giovani produttori. Quattro giorni, l’ultimo compreso, da sold out, con file per gli assaggi, buyer e importatori che arrivano agli stand espositivi anche e soprattutto con un passaparola che a monte poggia sulla qualità del prodotto; mercato che tiene con, in alcuni casi, con margini di incremento e che si affaccia su nuovi Paesi. Poi anche qui i costi vivi si fanno sentire ma si cerca di sopperire anche con visite in cantina o in azienda comprensive di tour nei vigneti e delle fasi di lavorazione del vino.

Quello che esce dalla kermesse veronese, al di là della vetrina sempre di prestigio che rappresenta, dell’importanza di esserci per le opportunità e tutto il resto, per il lambrusco modenese e i suoi produttori somiglia quasi ad una medaglia a due facce: con una che sorride e l’altra no. E forse, proprio per quello che è il lambrusco, per quanto è cresciuto in questi anni, per quello che rappresenta dal punto di vista del patrimonio del territorio e della sua cultura, per la sua salvaguardia, per lo sforzo dei suoi produttori, anche nel fare gruppo tra loro, qualche riflessione andrebbe fatta… GP