Ultimo aggiornamento:  13 Marzo 2024 5:45

Presenza modenese discreta, ma di successo

Poco più di una decina gli operatori presenti. Molti in fila per conosce i prodotti nostrani di “Alta qualità orientata ad un target di visitatore di livello elevato”.

6.500 presenze, 160 produttori presenti, 300 etichette. E poi ancora la sostenibilità in primo piano al punto da coniare in occasione della kermesse un nuovo termine, lo sguardo rivolto ai mercati e al futuro del vino, motore di territori e persone. Sono numeri e tematiche dell’ultimo Merano Wine Festival il 32°, in cui si è inserita la presenza discreta di Modena – dal lambrusco all’aceto balsamico, passando per peculiarità di primordine quali liquori e condimenti e salse – con poco più di una decina di espositori. Noti e meno noti, che hanno fatto incetta di riconoscimenti, compreso quello di essere selezionati a partecipare. 

Il lambrusco che fa bella mostra di sé in quella che è forse la vetrina più bella d’Italia per numero di etichette blasonate fa sempre un certo effetto. Maggiore quando si riscontrano file di persone ad assaggiare le rosse bollicine nostrane specie tra i visitatori stranieri del salone. Piacevolmente sorpresi poi da quel gusto, ancor di più curiosi quando, a domanda, si risponde loro entrando nei dettagli della produzione del vino medesimo: dal lavoro in vigna a tutte le fasi della vinificazione in cantina. 

Qualcosa è cambiato rispetto al passato e lo si capisce da questi semplici passaggi, perché non è più solo un vino da bere, ma l’intero territorio che lo esprime ad essere il protagonista e a voler essere salvaguardato proprio per quello che dà. Cultura in altri termini, foriera del confronto costruttivo tra visitatore e produttore in un contesto – il Kurhaus hotel di Merano – di alto livello da cui trarre elementi anche per lavorare meglio. “Importantissimo – ha detto più d’uno – rapportarsi con chi degusta a maggior ragione in una location come questa vetrina su un nord Europa desideroso di qualità elevata”.

Medesimo discorso va fatto per quell’alto di gamma dell’Aceto Balsamico che a Merano è diventato presenza fissa e che dalla curiosità dell’assaggio finisce per rapire tanti al palato. Non funziona infatti il ”Mordi e fuggi” qui e la frenesia moderna è soppiantata dal voler conoscere, capire, apprendere. Perfino se si tratta di salse, confetture o liquori artigianali locali. Tutti ambiti fortemente attenzionati su cui investire, a partire dalla scelta di  partecipare alla fiera, perché “Il target del visitatore che sia privato od operatore del settore Horeca è di livello medio alto, attento alla qualità, ed alla ricerca di quelle risposte in termini di prodotto che sappiamo dare e garantire per scelta ed investimenti aziendali in tale direzione. Privilegiando la tradizione, come base per guardare al futuro attraverso creatività ed innovazione”.

Perfettamente a loro agio verrebbe da dire in questo contesto che in tema di futuro non  si è fatto negare. In particolare nel “Back to the roots” il claim dell’evento che ha segnato il ritorno al profumo della terra – con un cambio di passo verso appunto un futuro di piena sostenibilità – con il lancio del nuovo concetto di “Sosteconomicità” ideato dal visionario patron Helmuth Köcher: “Riguardo al rispetto e alla cura della terra da consegnare alle nuove generazioni, NO al bicchiere mezzo pieno e SI alla piena tracciabilità di tutta la filiera”. 

Una virata quindi per tutto il settore quella impostata dal 32° Merano WineFestival; che trova il favore anche dei modenesi presenti lanciando con una metafora un messaggio chiaro alle nuove generazioni. «Quando si parla della Terra che ci ospita, compito dell’ospite è quello di rispettare l’oste capace di mettergli a disposizione così tanta ricchezza e così tanta varietà ”.(fp)

 


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