Ultimo aggiornamento:  14 Agosto 2023 11:55

Caccia aperta al Lambrusco di qualità

Soddisfazione degli operatori che però si scontra coi costi elevati di vetro, carta, energia e rivolgimenti climatici.

Il Vinitaly quest’anno per i “colori modenesi” ha significato: incontri, nuovi contatti, ritorno degli stranieri – specie asiatici -e degli ordini anche direttamente in fiera. Una soddisfazione che fa i conti però coi costi di produzione del vino (uve, vetro, carta, imballaggi, energia, e non da ultimo i rivolgimenti climatici), ancora e purtroppo parecchio elevati. L’immagine dunque è quella di un bicchiere sostanzialmente a metà, né pieno e né vuoto, “La determinazione a riempirlo però, non ci manca”.

Sono stati i modenesi presenti alla kermesse veronese – una trentina circa, gli operatori nostrani del lambrusco; qualcuno manca, qualcun altro è tornato, qualcun’altro ancora è nuovo – a raccontarlo, uniti nel promuovere la nuova edizione della fiera: “Meno presenze degli anni scorsi, forse, ma di assoluta qualità: molto informati sulle diverse tipologie di lambrusco, interessati, sicuri di quello che cercano e vogliono, determinati a voler finalizzare e ad aprire forniture”.

Sul minor numero di visitatori c’è da dargli indubbiamente ragione: i 120 euro del biglietto hanno di sicuro tenuto alla larga curiosi e assaggiatori occasionali. Non ha inciso però sul numero delle visite agli stand, trovando in merito a questa politica del prezzo, l’approvazione degli espositori: “Meno tempo perso, maggiore quello dedicato a compratori o possibili tali”.

Altra peculiarità che è emersa inoltre – e verrebbe da dire, finalmente! – l’inizio della raccolta dei frutti maturati dalla diffusione ormai da anni di una cultura del lambrusco e del territorio in cui si produce: dal lavoro in vigna, alla raccolta delle uve, alla vinificazione. Una storia che affascina soprattutto all’estero e che trova soddisfazione al palato e negli ordini in Italia e nel mondo – Stati Uniti, Canada, Messico ed Europa; nuovi mercati emergenti tra cui Paesi del Sud America e dell’Africa, il ritorno potente ed importante dell’estremo oriente con Cina, Giappone e Corea – in aumento. Già il secondo semestre del 2022 aveva messo a segno un significativo segno più nell’export confermato e consolidato in avvio 2023.

Se questo però è il lato luccicante della medaglia, i conti occorre farli anche con quello opaco. E sono salati. Al di là del costo dell’energia, ora pare in attenuazione (si vedrà a fine anno però quanto avrà pesato), che ha pesato enormemente l’anno passato – attenuato da chi ha potuto tra fotovoltaico e contratti a costo fisso – a incidere enormemente per i produttori sono il vetro, dai costi pressoché triplicati in un anno e ancora difficile da reperire, nonostante gli ordini con 6/8 mesi di anticipo. Quindi carta e cartone per etichette ed imballaggi: ed anche qui i prezzi a detta loro non scherzano; i tappi; il conflitto russo-ucraino che ha fatto perdere a più d’uno mercati importanti; poi i rivolgimenti climatici, in particolar modo la siccità che nel 2022 ha picchiato duro tanto in pianura (Sorbara) quanto in collina (Grasparossa), riducendo i raccolti, in taluni casi anche del 30-35%, senza però gravare fortunatamente sulla qualità.

Qualità, che nel Lambrusco è ricercata, recepita ed apprezzata, che spinge a voler migliorare proprio per quella soddisfazione (sì anche economica e meritevole) che ora è in grado di generare grazie a quelle posizioni guadagnate a fatica, adesso da difendere ed incrementare. GP


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